giovedì 4 luglio 2013

Hi, my name is...

Ed ecco che anche io mi ci sono fatta trasportare. Dove? Nel vasto mondo del blogging. Ok, forse la cosa non è più così in voga come qualche anno fa ma, a onor del vero, non posso giurarci perché ho resistito tanto al fascino del blogging e non ho ancora ben chiaro quanto in effetti sia pratica diffusa creare e curare un blog. E quindi... eccomi qui, comunque, solo perché è adesso che mi sento ispirata, è adesso che sento questo desiderio, questa vena creativa che, a differenza del passato, mi piacerebbe ora condividere. 


Scrivere è un'attività che ho sempre amato. Ho iniziato con il diario che ci hanno espressamente chiesto di tenere mentre io ero in seconda elementare e poi ho continuato. Ho iniziato a trattare il diario come il mio migliore amico piuttosto che averne uno in carne e ossa (triste, dite voi? Mah, forse solo un pochino). Quelle povere pagine ne hanno sentite di tutti i colori. E poi ho continuato. A scrivere ovunque. Qualunque pezzo di carta si trovasse a portata di mano nel momento in cui avevo bisogno, sentivo la necessità fisiologica di scrivere (e solitamente accadeva di notte, colpa dell'insonnia da eccessiva attività cerebrale) diventava il mio migliore amico e io ci scrivevo sopra, ci riversavo tutto quello che non potevo dire ad anima viva -per un puro motivo logistico, credetemi, non è bello svegliare nessuno alle due di notte perché una tredicenne in crisi di noia non sa proprio dove infilare i propri pensieri e godersi una bella notte di sonno. E poi, quando la carta ha iniziato a scarseggiare, io ho iniziato a usare il pc più compulsivamente, allora la tastiera qwerty è diventata la mia tastiera di pianoforte sulla quale le mie dita sfrecciavano veloci in perfetta sincronia con i pensieri, per riversare tutto quello che mi rubava il sonno su una memoria esterna, un supporto che avrebbe portato il fardello al posto mio e mi avrebbe alleggerito l'esistenza almeno un pochino. Ed è così che è nata la mitica cartella "Grafoterapia", la soluzione a tutti i miei problemi. C'è qualcosa che non va? Perché non lo scrivi? E ha funzionato. Sempre. E continua a funzionare. Anche se adesso è tutto un po' diverso. Prima di tutto adesso ho deciso di buttarmi su un blog, che -piaccia o meno- non vorrei tenere privato. Ok, cercherò di non importunare né imbarazzare nessuno e se un pensiero mi ruberà il sonno di nuovo ci penserò da sola a sbarazzarmene. Perché come dice il sottotitolo: qui volano sì pensieri, ma pensieri scaturiti da dettagli, non pensieri deleteri per la salute mentale di chiunque. Spero quindi di non risultare né noiosa né inopportuna. 



Ah, una cosa soltanto. Mi capita, a meno che non sia cambiato anche questo, di non apprezzare la concisione. Perciò, chiedo subito scusa se mai mi capiterà di dilungarmi troppo. Chissà se riuscirò a cedere alla tentazione senza diventare noiosa. Il giudizio, come si suol dire, ai posteri. 



Enjoy (hopefully)!

Sissi

4 commenti:

  1. Hi Silvia, do you remember me? Ho letto le tue riflessioni sul valore della verità... Anche io mi sono ritrovata a pensarci a fondo, presa dall'angoscia che la verità sia il bene supremo a cui tendere, ciò che bisogna ricercare e seguire e promuovere! Mi trovo pienamente d'accordo per quel che riguarda tutta la parte sull'autenticità nei confronti di se stessi. Credo che raccontarsi balle sia solo un modo che le persone usano per non doversi sforzare di migliorarsi ogni giorno, per potersi dire "Sì okay, così sei accettabile, ora adagiati e rilassati" (forse potrebbe essere un tema dei tuoi prossimi post, mi piacerebbe approfondire). Però però... c'è un però. Fino a che punto è GIUSTO dire la verità agli altri? il mio ragionamento si scontra sempre su questo punto: essere sempre sinceri, rispondere sempre la verità, spesso significa essere crudeli. Allora moralmente parlando (perchè in fin dei conti la questione è tutta qui), è più giusto dire la verità SEMPRE o SAPER SCEGLIERE quando è il caso di non dirla/ometterla? Il SAGGIO è colui che non mente mai o che sa quando la verità va celata?
    Io non ho ancora deciso, anche se propendo un po' per la seconda opzione. Aspetto un tuo commento!
    Un bacio
    Bea

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  2. Ciao Bea, certo che mi ricordo di te! E mi fa molto piacere sentire la tua opinione al riguardo. Io capisco cosa intendi, o almeno credo di intuire quello che vuoi dire, quando ti domandi se sia sempre giusto essere spudoratamente sinceri anche con gli altri o se invece non sia molto più saggio saper decidere quando la nuda verità sia la risposta giusta o meno. Devo essere sincera (appunto!), so che porre qualcuno di fronte alla realtà (anche se stessi, penso) sia a volte un compito difficile. Il punto è che secondo me, per essere davvero onesti anche con se stessi, è necessario esserlo anche con gli altri. Un tempo mi piaceva pronunciare la frase "la vita è dolore". E se è vero che la vita è dolore e che esistendo non facciamo altro che lottare contro la sofferenza (di qualunque genere e intensità), allora forse è meglio fare il possibile per ottimizzarla, questa sofferenza. E un modo per soffrire meno, perché una volta che la verità -qualunque essa sia e a qualunque ambito della vita sia legata- ti si palesa agli occhi, se non la riconosci corrisponde, come dicevo prima e comunque è sempre e solo la mia opinione, al mentire a se stessi. Ora, forse in questi ultimi mesi sono meno legata a questa espressione di natura schopenhaueriana, e quindi il mio obiettivo non è ottimizzare la sofferenza e sottrarmi da situazioni che ne implicherebbero anche un livello minimo, bensì vedo tutto un po' più rosa -o forse semplicemente in maniera più lucida- e se qualcosa di spiacevole accade cerco di stare calma (anche se è molto durISSIMO!) e di affrontare la situazione fin quando non ne sono fuori, se fuori me ne posso trarre. Ma a parte questo, la necessità di rimanere leali a se stessi rimane. E talvolta, purtroppo, penso che per quanto possa fare male, per quanto possa essere scomodo, essere leali con se stessi implichi essere spudoratamente onesti (e forse un po' crudeli, ma penso che le parole siano degli strumenti che possiamo gestire come vogliamo e quindi poi dipende dal nostro livello di sadismo quanto crudelmente o diplomaticamente sinceri possiamo essere) anche con gli altri. Come ho detto anche nel post, non necessariamente bisogna sbattere contro i grandi temi della vita per avere occasione di essere sinceri con se stessi e con gli altri. Questo perché ho capito che se c'è qualcosa di non detto, qualunque sia la situazione, chiunque siano le persone coinvolte, sia sempre il caso di chiarire. E questo perché davvero poi ci si può infilare... ops, scusa, ho usato un avverbio che va contro il principio per cui qui si parla di opinioni e ognuno è libero e ha diritto di avere la propria. Quindi riformulo: E questo perché CREDO ci si possa infilare in situazioni che diventerebbero ancora più spiacevoli che se si rinunciasse ad affrontarle con l'altro in modo sincero. Probabilmente tutto questo risulta poco convincente, penso che sia perché quelle che per me secoli fa erano visioni clear-cut, ma estremamente clear-cut, riguardo alla vita ora si sono trasformate in sfumature di colore che a seconda del qui e ora cambiano come un prisma attraversato dalla luce del sole. Anche se forse questo sembra contraddire la mia posizione per cui -almeno da come emerge dal post- sia SEMPRE e comunque MEGLIO essere estremamente sinceri.

    ...to be continued... :)

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  3. ... here it is!...

    Cercando di rimettermi in carreggiata, non voglio buttare nella spazzatura la morale. Ma immaginiamoci questa situazione: due persone sono molto legate. Le persone però con il tempo si evolvono. Questo fatto finisce per diventare noto a entrambe. Solo che una persona riconosce anche che l'evoluzione ha seguito strade diverse mentre l'altra prende in considerazione -o sembra prendere in considerazione- solo il cambiamento e non anche il diverso livello al quale questo cambiamento ha operato. Se la persona che si è accorta di entrambe le cose sente che andando avanti e tenendosi dentro tutto, facendo finta che il cambiamento sia avvenuto per entrambi allo stesso livello, riconosce però che agendo così rischierebbe di fare qualcosa solo per fare piacere all'altra, e però farebbe un male cane a se stessa e prima o poi finirebbe comunque per fare anche del male all'altra, cosa si dovrebbe fare: tenersi tutto per sé oppure riconoscere quel che è successo e farne partecipe anche l'altra persona? Ammetto di non essere una brava filosofa, e infatti non di filosofia vera e propria volevo parlare nel post, quindi il mio esempio potrebbe avere delle falle abnormi. Però penso che se chi possiede entrambe le consapevolezze (cambiamento + diverso livello dello stesso) e se sa che questo è un fattore determinante al fine di non far soffrire (o di far soffrire il meno possibile) se stesso e l'altro, sia tenuto a riconoscere la cosa e a porla all'attenzione dell'altro. Penso che se si tratta di un dislivello di evoluzione piuttosto incolmabile e non ci sia modo di risolvere la questione diversamente, nonostante qui essere sinceri voglia dire essere anche un po' cattivi, beh temo sia comunque purtroppo necessario. Sembra che io quindi parteggi per l'homo homini lupus, per l'egocentrismo più bieco e per un sadismo insopportabile. Ma penso che portare avanti qualcosa con la consapevolezza di farlo a volte per finta, solo perché è socialmente (e moralmente?) accettabile non sia il trionfo della giustizia.

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  4. ... ed ecco la terza parte :D


    Te lo dico onestamente, tu hai sollevato questioni molto importanti, serie, e io forse non mi aspettavo di finire per discutere l'argomento in termini così ... seri, appunto, Perché infatti io mi riferivo anche a banalissime situazioni del tipo: c'è la possibilità che, più tardi nella giornata, A esca con degli amici. Lo dice a B, che poniamo essere sua madre, la quale però ha la giornata libera e potrebbe forse sperare di passarla con A. Dopo averle detto della possibile uscita con gli amici (attendendosi alla verità per cui questa possibilità esista, ok, forse se lo poteva risparmiare, ma diciamo che A non ha molti filtri e, nonostante sappia che a volte dovrebbe semplicemente tenere la bocca chiusa, non eccelle al teniamoci-tutto-per-noi) A chiede a B: "Ma per caso oggi vuoi che si faccia qualcosa di particolare insieme? Non so, dicevi di voler andare al mare…" B può rispondere che no, non fa nulla, che si rimanga a casa tutto il giorno perché, se poi si va al mare ma A deve uscire, A rischia di non essere pront* in tempo. Oppure B può rispondere che, onestamente, sì, le piacerebbe molto fare qualcosa insieme e, nello specifico, aveva pensato di andare al mare, vista la bellissima giornata che si prospetta. Ma poniamo il caso che B, nonostante la sua voglia matta di andare al mare, dica comunque ad A che non fa niente, che non aveva pensato a nulla, che può stare tranquill* e dire pure agli amici che più tardi uscirà con loro. Ecco, per me questo corrisponde al non essere autentici con se stessi (B sta negando un suo desiderio essendone consapevole) né con gli altri (B non fa sapere ad A che in realtà vorrebbe andare al mare). Perché B dovrebbe arrivare a sacrificarsi così, ovvero rinunciare al proprio desiderio contingente, in modo da permettere ad A di sollazzarsi più tardi con gli amici e restare con la voglia di mare (nonostante A sospetti che una cosa simile possa stare accadendo ma non ne sia sicur* al 100%)? Penso che anche il solo RENDERE NOTO all'altro quello che si pensa/vuole/sente sia abbastanza per essere sinceri con se stessi e gli altri e per dare modo agli altri di agire di conseguenza conoscendo tutte le condizioni. Solo se A è effettivamente consapevole dell'eventuale desiderio di B può decidere liberamente cosa fare. Basta che B renda semplicemente noto ad A il proprio desiderio (nel caso in cui B voglia appunto andare al mare) perché A possa indagarsi e scoprire cosa vuole fare lui/lei (indipendentemente dalla relazione genitore-figli*). Questo lo dico solo perché penso che se effettivamente B ha voglia di andare al mare e di passare del tempo con A (e ho scordato di dire che questa possibilità non si ripresenterà in un futuro vicino, quindi il desiderio di B potrebbe restare irrealizzato per molto ancora, mentre che A esca con gli amici è un evento che probabilmente accade più frequentemente/con più facilità), dovrebbe ANCHE SOLO farglielo sapere. Penso sia un diritto di B che A conosca i suoi desideri (per quanto banali possano essere come la voglia di andare al mare visto che B non ci va mai) e penso che a B sia da riconoscere il diritto di poter esprimere le proprie inclinazioni / preferenze.

    Come ho detto prima di lanciarmi nuovamente nella sperimentazione di modelli pseudo-filosofici (ho un debole per i paroloni, mea culpa), sono molto contenta di aver avuto il tuo riscontro, ma i termini che hai messo in gioco sono forse più elevati di quelli che avevo posto io. Con questo, ripeto, sono STRAfelice che tu abbia colto il mio invito a proporre un'opinione alternativa e non rifiuto minimamente la tua posizione, anzi, mi ha dato da pensare. Solo spero di aver risposto adeguatamente. E autenticamente :)

    Ti abbraccio e ovviamente mi farebbe piacere sentire anche i tuoi insulti se è questa la reazione che ho suscitato in te (ma -sinceramente- spero anche di no, perché ricordo che ci siamo trovate bene quando ci siamo incontrate!)

    A presto
    Sissi

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