giovedì 17 luglio 2014

Prendi e vai. Il mondo è qui per essere visto e vissuto

E allora, che ci facciamo tutti ancora qui? 

Un attimo, direte voi, e adesso:
a) questa da dove spunta
b) a chi sta parlando
c) perché, dove dovremmo essere altrimenti.

a) Spunto da un punto molto sperduto, in cima a tutte le alture possibili che mai vi immaginiate riescano a raggrupparsi attorno a una cittadina, e in realtà so che c'è un gran mondo là fuori che grida: "Aiuto! C'è nessuno? Perché nessuno mi bada?"

b) Sto parlando a tutti. A tutti coloro i quali hanno voglia di ascoltare, almeno. 

c) Dovremmo essere dove ciascuno ha voglia di essere. 

Ecco, allora, se qualcuno ha anche voglia di restare qua, perché non glielo lasci fare in pace? Vero, avete ragione, potrei. Eppure. 

Eppure non mi va di farmi i fatti miei e di lasciarvi in pace con questo piccolo ma meraviglioso mondo che può aspettare chiunque abbia un po' di fegato per prenderselo. 

Siamo sette miliardi, ok, il mondo tanto piccolo non è, un po' meno ok, spesso non è solo questione di fegato, d'accordo. Ma lasciatevi dire una cosa: l'ho provato sulla mia pelle. Il mondo può essere una cura. 

La frenesia di Londra, nonostante tutto, mi ha fatto scordare certi eventi spiacevoli, magari insignificanti, ma non per un'adolescente ancora un po' disorientata.

Parigi mi ha rubato l'anima. Una città che, nonostante non volessi aspettarmi troppo, mi ha rimproverato e mi ha insegnato a respirare la bellezza e la raffinatezza. Nonostante non volessi aspettarmi troppo.

Berlino mi ha insegnato la storia. Non c'è città più educativa di Berlino. Beh, Roma è Roma, niente da dire. Ma si tratta delle mie città, come per Ungaretti si trattava dei suoi fiumi, e purtroppo Roma ancora manca. Berlino no, Berlino c'è. C'è stata e sempre ci sarà.

Colonia. Non ci sono parole. Colonia mi ha insegnato a essere una profuga (uno stendipanni, due sedie, un tavolino, una bacinella e una lampada TUTTO in una volta). Mi ha insegnato a fare sport, a sentirmi strana, a sentirmi felice. Mi ha insegnato a pensare a me stessa e a imparare che, ovunque vada, io i posti li devo esplorare. A costo di perdermici. A costo di scoprire che, poi, girato l'angolo, comunque sei a casa.

Chapel Hill mi ha insegnato a essere sola al mondo. A star sola al mondo e sopravviverci. Anche quando solo non sei più (e sono felice, ed è dir poco, di poter affermare che sola non sono - e chiaramente non lo sono mai stata), essere così lontani da tutto e non avere un punto di riferimento immediato sono comunque delle importantissime lezioni che il mondo ti può insegnare. Questa lezione a me l'ha insegnata Chapel Hill.

Mariefred mi ha insegnato quanto piccolo è il mondo (ma questo l'ho capito dopo, nonostante l' "un po' meno ok" di prima). E ad amare i laghi. Tutti. 

Queste sono le mie città. E io che volevo esortare tutti ad andare e scoprire!

Beh, il mio messaggio rimane lo stesso. E in realtà questa manfrina sulle mie città serve un po' a tale scopo. Penso che si possa in questo caso dare un po' di credito a Ungaretti così come sono riuscita a darlo a Dante. La vita di una persona può anche essere costituita da presenze geografiche.

E in fondo è proprio quello il motivo per cui, con una gran dose di fortuna, eh!, ho cercato di vedere del mondo quello che ho potuto. Ci sono posti che hanno inciso di più e posti che hanno inciso di meno. Ma tutti, in un modo o nell'altro, sono serviti. E quindi, quello che volevo dire è che il mondo può fare tanto. Ci può cambiare, ci può aiutare, ci può guarire. 

E quindi, quello che volevo dire è che, quando si può, bisogna andare, vedere, vivere.

Nessun commento:

Posta un commento